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24 Maggio 2019QUALI NORMATIVE E PRINCIPI DEVE SEGUIRE IL REVISORE UNICO DI UNA AZIENDA SPECIALE
22 Gennaio 2020In merito alla controversa materia riguardante il compenso dell’organo di revisione di un’azienda speciale, la Corte di Cassazione si è pronunciata, con ordinanza n. 24084 del 26 settembre 2019.
Sebbene sia stata data ampia autonomia statutaria alle aziende speciali degli enti locali, il legislatore non ha mai abrogato il D.P.R. 4 ottobre 1986 che, all’art. 52 prevede sia competenza del Consiglio comunale alla nomina del Collegio dei Revisori dei conti (o del Revisore unico dei conti).
L’articolo richiamato fissa, inoltre, le cause di incompatibilità ostative alla nomina o, se sopravvenute, implicanti decadenza dall’incarico: all’ultimo comma è stabilito che «al Presidente ed ai Membri del Collegio dei revisori è corrisposta una adeguata indennità il cui ammontare è deliberato dal Consiglio comunale, tenuto conto delle dimensioni dell’Azienda e delle tariffe professionali vigenti».
La Suprema Corte ha finalmente chiarito che il compenso spettante ai Revisori deve essere determinato in relazione ad ogni singola e specifica nomina: la stretta applicazione della disposizione sopra richiamata, disciplina, infatti, l’atto di nomina come un atto unitario, con l’effetto che la designazione del/i soggetto/i incaricato/i deve necessariamente essere accompagnata dalla determinazione dell’ammontare dei compensi in suo/loro favore.
In tale senso depone l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, considerato che il “Principio di buona amministrazione”, posto dall’art. 97, comma 1, della Costituzione, comporta che il conferimento di un incarico non gratuito ad un privato da parte della Pubblica Amministrazione sia accompagnato dall’indicazione della spesa e della conseguente remunerazione prevista.
Inoltre, che la determinazione di tale rimunerazione costituisca elemento necessario della delibera di nomina appare discendere dalla considerazione che la particolare disciplina dettata dall’art. 52 del D.P.R. N. 902/1986, già citato, in cui, qualificata tale spettanza, in ragione della natura pubblicistica dell’incarico, come indennità e non come corrispettivo o onorario, escludendo in tal modo che essa possa essere eterodeterminata sulla base della tariffa professionale per i Dottori commercialisti (tariffa, peraltro, abrogata in seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, con decorrenza dal 24 gennaio 2012).
L’inapplicabilità del sistema tariffario risulta altresì confermata dalla precisazione normativa che essa deve essere “adeguata”, rimandando essa ad un criterio di sufficienza che è diverso da quello seguito nell’ambito della tariffa professionale. Tuttavia, al caso di specie deve essere applicato l’art. 2233 del Codice Civile, secondo cui il compenso per il prestatore d’opera intellettuale, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe e usi, è determinato dal Giudice.
Walter Flavio Camillo
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